Cos'è
Bisogni Educativi Speciali (BES)
definiscono il vasto insieme di difficoltà – temporanee o permanenti – di apprendimento che un alunno può incontrare durante il proprio percorso di formazione e che richiedono una didattica personalizzata. La scuola italiana, con la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, ha tracciato un percorso chiaro per l’inclusione. Il nuovo quadro normativo sposta, infatti, il focus dalla certificazione alla personalizzazione del percorso formativo, affinché ogni studente possa esprimere il proprio potenziale attraverso strumenti e strategie educative su misura.
Il principio di fondo è che ogni alunno è unico e possiede uno stile di apprendimento specifico; la scuola, di conseguenza, ha il compito di personalizzare l’azione didattica, in modo da rimuovere gli ostacoli e garantire a tutti il pieno successo formativo, in un’ottica di reale inclusione. L’inclusione sposta, pertanto, l’attenzione dal singolo individuo all’intero contesto classe, in cui ogni studente, con le sue peculiarità, diventa una risorsa per la comunità.
Per orientarsi nel panorama dell’inclusione scolastica, è fondamentale comprendere le distinzioni tra le diverse normative che tutelano il diritto allo studio.
Sebbene l’area dei Bisogni Educativi Speciali (BES) sia molto ampia, essa contiene al suo interno categorie specifiche, normate da leggi apposite, che prevedono percorsi e tutele differenti.
La confusione tra questi quadri normativi può generare errori procedurali, per cui è essenziale operare una chiara distinzione:
- Legge 104/1992 (Disabilità): riguarda gli alunni che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, accertata da una commissione medica. Per questi studenti è prevista la redazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) e l’assegnazione di un insegnante di sostegno;
- Legge 170/2010 (DSA): tutela specificamente gli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, come dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, diagnosticati da specialisti. Per loro, la scuola ha l’obbligo di redigere un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che include strumenti compensativi e misure dispensative;
- Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 (Altri BES): questa categoria include tutti gli altri alunni che, pur senza certificazione di disabilità o diagnosi di DSA, manifestano bisogni educativi speciali, anche transitori. Il Consiglio di Classe, in questo caso, ha la facoltà (ma non l’obbligo) di redigere un PDP.

2. Area dei Disturbi Evolutivi Specifici
è una categoria eterogenea che raggruppa diverse condizioni non riconducibili alla disabilità ai sensi della Legge 104/92.
Questi disturbi, di origine neurobiologica, interferiscono in modo significativo con una o più abilità specifiche, come l’apprendimento, l’attenzione, il linguaggio o la coordinazione motoria, a fronte di un funzionamento intellettivo generale nella norma. Per gli studenti che rientrano in questa area, lo strumento di programmazione didattica previsto dalla normativa è il Piano Didattico Personalizzato (PDP).
All’interno di questa macro-categoria si collocano diverse tipologie di disturbo, tra cui:
- Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), disciplinati dalla Legge 170/2010;
- Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD);
- Funzionamento Intellettivo Limite (FIL), noto anche come borderline cognitivo;
- Deficit specifici nel linguaggio, nelle abilità non verbali e nella coordinazione motoria (disprassia).
Ognuna di queste condizioni richiede un’attenta osservazione da parte dei docenti e l’adozione di strategie mirate.
Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) rappresentano la categoria più nota all’interno dei Disturbi Evolutivi Specifici e sono disciplinati in modo puntuale dalla Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010. Questa normativa riconosce ufficialmente quattro disturbi di origine neurobiologica, che interessano specifiche abilità in presenza di un’intelligenza nella norma.
Nello specifico, la legge identifica:
- Dislessia: un disturbo che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo scritto, che incide sulla rapidità e sulla correttezza della lettura;
- Disgrafia: una difficoltà che riguarda l’aspetto grafico-motorio della scrittura, con una grafia spesso poco leggibile e disarmonica;
- Disortografia: un disturbo della scrittura che interessa l’utilizzo corretto delle regole ortografiche e della sintassi;
- Discalculia: una difficoltà che coinvolge l’abilità di operare con i numeri, il calcolo e la risoluzione di problemi matematici.
Per tutti gli studenti con diagnosi di DSA, la scuola ha l’obbligo di redigere un Piano Didattico Personalizzato (PDP), nel quale sono indicati gli strumenti compensativi e le misure dispensative necessarie a garantire un percorso di apprendimento efficace.
Deficit di Linguaggio
All’interno dei Disturbi Evolutivi Specifici rientrano anche i deficit del linguaggio, condizioni che compromettono in modo selettivo le abilità di comprensione o produzione linguistica. È importante distinguere questi disturbi, che hanno una base neurobiologica, dalle difficoltà di natura transitoria legate, per esempio, a un contesto di recente immigrazione. Un alunno con un deficit del linguaggio può manifestare problemi nel comprendere le consegne, nel seguire le lezioni, nell’esporre oralmente i propri pensieri o nella stesura di testi scritti. Queste difficoltà, se non gestite con interventi mirati, possono avere ripercussioni su tutte le discipline e sulla socializzazione.
Anche in assenza di una legge specifica come la 170/2010, la normativa sui BES consente al Consiglio di Classe di attivare un Piano Didattico Personalizzato (PDP), attraverso il quale programmare strategie mirate, come l’uso di supporti visivi, la semplificazione del linguaggio o la valorizzazione di canali comunicativi alternativi.
Deficit delle abilità non verbali
Il deficit delle abilità non verbali, noto anche come disturbo dell’apprendimento non verbale, è una condizione complessa che rientra nell’area dei Bisogni Educativi Speciali. Si caratterizza per una spiccata discrepanza tra competenze verbali, spesso superiori alla media, e significative difficoltà nelle aree non verbali. Gli alunni con questo profilo possono avere problemi nell’orientamento spaziale, nell’organizzazione del materiale, nella coordinazione motoria e, soprattutto, nell’interpretazione della comunicazione non verbale, come il linguaggio del corpo o le espressioni facciali. A scuola, queste fragilità si possono tradurre in risultati scarsi in materie come la geometria o le scienze, a fronte di buone capacità di espressione orale, e in difficoltà nelle relazioni con i pari.
Sulla base di un’attenta osservazione, il Consiglio di Classe può redigere un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che preveda strategie mirate, come la strutturazione dell’ambiente e un insegnamento esplicito delle competenze sociali.
Deficit della coordinazione motoria (Disprassia)
La disprassia, o Disturbo dello Sviluppo della Coordinazione Motoria, è una condizione che rientra nell’area dei BES e che incide sulla capacità di pianificare ed eseguire movimenti complessi. Non si tratta di un problema di debolezza muscolare, ma di una difficoltà del cervello a elaborare le informazioni necessarie per coordinare un’azione motoria in modo fluido ed efficace. In ambito scolastico, la disprassia può manifestarsi con evidenti difficoltà nella scrittura manuale, che spesso risulta lenta e illeggibile, e nell’uso di strumenti come forbici o righe. Anche le abilità motorie globali possono essere compromesse, con goffaggine nei movimenti, problemi durante le attività di educazione fisica e una scarsa organizzazione spaziale.
La normativa sui BES consente al team docenti di supportare questi alunni attraverso un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che può prevedere l’uso del computer per la scrittura o tempi più lunghi per le prove pratiche.
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD)
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è un disturbo neurobiologico che rientra a pieno titolo nell’area dei Bisogni Educativi Speciali.
Si manifesta attraverso una combinazione variabile di tre sintomi principali:
- disattenzione;
- iperattività;
- impulsività.
In classe, un alunno con ADHD può mostrare difficoltà a mantenere la concentrazione su un compito, a seguire le istruzioni e a organizzare le proprie attività. L’iperattività si traduce in un bisogno costante di movimento, con l’incapacità di rimanere seduti per periodi prolungati, mentre l’impulsività porta a rispondere prima del tempo o a interrompere gli altri. Queste manifestazioni non dipendono da una cattiva volontà dello studente, ma sono l’espressione del disturbo stesso.
Per questi alunni, il Consiglio di Classe, sulla base della diagnosi clinica, redige un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che definisce le strategie per gestire l’ambiente, i tempi e le attività, al fine di favorire l’autoregolazione e l’apprendimento.
Funzionamento Intellettivo Limite (FIL) o Borderline Cognitivo
Il Funzionamento Intellettivo Limite (FIL), o borderline cognitivo, definisce una condizione che si colloca in una zona di confine tra la disabilità intellettiva e la norma. Gli alunni con FIL presentano un Quoziente Intellettivo (QI) che si attesta in una fascia compresa, indicativamente, tra 71 e 84. A differenza dei DSA, le loro difficoltà non sono specifiche, ma si manifestano in modo generalizzato in quasi tutte le aree dell’apprendimento, con una lentezza complessiva nei processi cognitivi e nell’acquisizione delle autonomie. A scuola, questi studenti possono faticare a comprendere concetti astratti e a pianificare il lavoro. Il FIL rappresenta un caso emblematico per l’applicazione della normativa sui BES, poiché questi alunni non rientrano nelle tutele della Legge 104/92.
Pertanto, il Consiglio di Classe può redigere un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che calibri gli obiettivi e adotti una didattica basata su esempi concreti.
3. Area dello Svantaggio Socio-economico, Linguistico e Culturale
La terza e ultima macro-area dei BES, introdotta dalla Direttiva del 2012, riguarda gli alunni che vivono una situazione di svantaggio a causa di fattori esterni e ambientali. In questa categoria rientrano le difficoltà che derivano da contesti socio-economici deprivati, da differenze culturali o da ostacoli linguistici, come nel caso di alunni con cittadinanza non italiana di recente immigrazione. La caratteristica fondamentale di questi bisogni educativi è la loro natura tipicamente transitoria. Per questo motivo, un intervento didattico tempestivo e mirato è essenziale, perché previene la trasformazione di una difficoltà temporanea in un insuccesso scolastico cronico.
Il Consiglio di Classe, dopo un’attenta analisi della situazione, può decidere di attivare un Piano Didattico Personalizzato (PDP) per un periodo di tempo limitato, con l’obiettivo di fornire allo studente gli strumenti per superare lo svantaggio e tornare a seguire il programma di classe in piena autonomia.
RIFERIMENTI NORMATIVI:
La Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, intitolata “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica“, rappresenta una pietra miliare nella normativa scolastica italiana. Con questo documento, il Ministero dell’Istruzione ha esteso in modo significativo il concetto di svantaggio scolastico, che ora non si limita più alle sole situazioni di disabilità certificata (Legge 104/92) o ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento (Legge 170/2010).
La direttiva ha, infatti, introdotto una visione più ampia, che riconosce formalmente anche le difficoltà derivanti da svantaggi socioeconomici, linguistici o culturali. Il punto chiave del provvedimento è l’affermazione del diritto di ogni studente a una didattica personalizzata, anche su base temporanea. In questo modo, la scuola acquisisce la facoltà di attivare percorsi specifici e strumenti come il Piano Didattico Personalizzato (PDP) per tutti gli alunni che ne manifestino la necessità, sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche.
In seguito alla Direttiva del 2012, il Ministero dell’Istruzione ha emanato una serie di provvedimenti per fornire alle scuole indicazioni operative concrete, tra cui la Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013. Si tratta, nello specifico, di un documento che ha chiarito in modo definitivo le procedure per l’individuazione degli alunni con BES e per la stesura del Piano Didattico Personalizzato (PDP).
La circolare ha specificato che l’attivazione di percorsi personalizzati non è vincolata alla sola presenza di una certificazione clinica, ma può avvenire sulla base di una valutazione attenta da parte del Consiglio di Classe o del team docenti della scuola primaria. Inoltre, ha definito il PDP come uno strumento flessibile e un patto condiviso tra docenti e famiglia.
Grazie a queste note, i principi dell’inclusione hanno trovato una traduzione pratica, con la definizione dei ruoli, delle responsabilità e degli strumenti necessari.
A cosa serve
La redazione del Piano Didattico Personalizzato si avvale di una scelta accurata e mirata degli strumenti compensativi e delle misure dispensative. Non esiste un pacchetto di soluzioni standard valido per tutti gli alunni con lo stesso disturbo: la parola d’ordine è, infatti, personalizzazione. Ogni intervento deve essere calibrato sul profilo unico dello studente, sulle sue reali necessità e sui suoi punti di forza, in un’ottica che mira a “personalizzare gli apprendimenti e guidare scelte consapevoli”.
La selezione degli strumenti e delle misure più idonei è un processo che deve avvenire in sede di stesura del Piano Didattico Personalizzato (PDP) e deve essere il frutto di un dialogo tra docenti, famiglia e, se presenti, specialisti. Il PDP diventa, quindi, il documento di riferimento che legittima e regolamenta l’uso di specifici supporti durante le attività didattiche e le prove di verifica.
L’obiettivo finale non è creare una dipendenza dallo strumento, ma promuovere l’autonomia dello studente.
Come si accede al servizio
Presentazione della documentazione alla segreteria dell'istituto
Servizio online
Link al sito dell'Associazione Italiana Dislessia (A.I.D.)
Tempi e scadenze
Redazione del PDP
PERIODO: OTTOBRE-NOVEMBRE
Cosa sono gli Strumenti Compensativi? Sono tutti quei sussidi, didattici o tecnologici, che permettono a un alunno con Bisogni Educativi Speciali di aggirare le proprie difficoltà specifiche e di svolgere un compito allo stesso livello dei suoi compagni. È fondamentale comprendere che questi strumenti non “facilitano” il lavoro, ma compensano una debolezza funzionale, esattamente come un paio di occhiali compensa un difetto visivo. Il loro utilizzo, definito nel Piano Didattico Personalizzato (PDP), è cruciale per garantire l’autonomia dello studente e la sua piena partecipazione alle attività didattiche. Tra gli esempi più comuni figurano:
- la sintesi vocale, che trasforma un testo digitale in audio per gli alunni con difficoltà di lettura;
- le mappe concettuali, digitali o cartacee, che aiutano a organizzare le idee e a memorizzare i concetti;
- il computer con correttore ortografico, per supportare la correttezza della scrittura;
- la calcolatrice, per gli studenti con discalculia;
- tabelle, formulari e dizionari digitali, che riducono il carico mnemonico e permettono di concentrarsi sul ragionamento.
Cosa sono le Misure Dispensative? Sono interventi educativi e didattici che consentono a un alunno con Bisogni Educativi Speciali di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del suo disturbo, risulterebbero particolarmente difficoltose e non migliorerebbero il suo apprendimento. A differenza degli strumenti compensativi, che forniscono un supporto per eseguire un compito, le misure dispensative esonerano lo studente da una specifica attività. Anche queste misure devono essere esplicitate nel Piano Didattico Personalizzato (PDP) e mirano a evitare situazioni di frustrazione o di inutile dispendio di energie. Alcuni esempi pratici includono:
- la dispensa dalla lettura ad alta voce in classe e dalla scrittura veloce sotto dettatura;
- la concessione di tempi più lunghi per le verifiche scritte o, in alternativa, una riduzione della quantità di esercizi a parità di tempo;
- la possibilità di svolgere interrogazioni programmate, per evitare l’ansia legata alle prove a sorpresa;
- la riduzione del carico di compiti a casa, specialmente per il fine settimana, per non sovraccaricare lo studente;
- la possibilità di sostituire una prova scritta con una orale, come previsto anche in contesti valutativi nazionali.
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OttMonitoraggio del PDP
PERIODO: MARZO-APRILE
Fase di verifica dell'applicazione e dell'efficacia del Piano personalizzato redatto dal Consiglio di Classe e concordato con la famiglia.
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MarDocumenti
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